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tleta de reissana 139

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - Marocco.djvu{{padleft:149|3|0]] ropa, coll’occhio abituato alle loro forme, i cavalli europei, anche di statura mezzana, mi parvero, sulle prime, enormi. Hanno l’occhio vivo, la fronte un po’ schiacciata, le narici molto aperte, le ossa zigomatiche molto sporgenti, la testa quasi tutti bellissima; lo stinco e la tibia un po’ curvi, ciò che dà loro una particolare elasticità di movimenti; la groppa manchevole, fuggente, per così dire, di sotto alla sella, il che li rende più abili al galoppo che al trotto; e non mi ricordo infatti d’aver mai visto andar di trotto un cavaliere marocchino. Visti quando riposano e quando vanno di passo, anco i più belli, non danno nell’occhio; slanciati alla corsa, si trasfigurano e riescon superbi animali. Benchè si nutriscano assai meno dei nostri e siano bardati assai più pesantemente, reggono alla fatica più dei nostri. Anche il modo di cavalcare è diverso. Le staffe sono tenute molto alte; il cavaliere sta sulla sella colle gambe piegate quasi ad angolo retto, tiene le redini lunghe e dirige il cavallo con movimenti larghissimi. La sella ha quei due rilievi, chiamati da noi con termine tecnico il pomo e la paletta, altissimi, che toccano il petto e la schiena del cavaliere, e lo ritengono in maniera da rendergli molto difficile la caduta. La maggior parte dei cavalieri, calzati di piccoli stivali di cuoio giallo senza talloni,

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