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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - Marocco.djvu{{padleft:235|3|0]]
C’era un centinaio d’arabi, seduti in una sola fila sulla sponda d’un fosso, che guardavano.
Appena ci videro, prima alcuni, poi cinquanta, poi tutti, si levarono da sedere e a poco a poco si vennero ad affollare dietro di noi.
Noi fingemmo di non vederli.
Per qualche momento, nessuno fiatò; poi cominciò uno a dir un non so cosa, che li fece ridere tutti. Dopo quello, parlò un altro, e poi un terzo, e via via, e ad ogni parola, tutti ridevano. Evidentemente ridevano di noi, e non tardammo ad accorgerci che le osservazioni e le risate corrispondevano per l’appunto ai nostri movimenti e a certe inflessioni della nostra voce. La cosa era naturalissima: ci trovavano ridicoli. Ma che cosa dicevano? Questa era la nostra grande curiosità. Passò in quel momento il signor Morteo, lo chiamai con un cenno furtivo, e lo pregai di star coll’orecchio teso, senza farsi scorgere, e di tradurmi letteralmente le canzonature di que’ furfanti. Mi servì a meraviglia.
Uno fece subito un’osservazione che, al solito, provocò una risata.
— Dice — tradusse il Morteo — che non sa capire a che cosa serva la falda di dietro del nostro vestito, a meno che non sia fatta per nascondere la coda....