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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - Marocco.djvu{{padleft:242|3|0]] Nascon mille. Vedute a Tangeri. Strade, coperte; giardini, coperti; riva del mare, coperta; mare, coperto; tutto verde, tutto in moto, vive, morte, marcie, puzzo, peste, carestia, maledizione del cielo! — Così infatti accade. Il fetore che emana dalle miriadi di cavallette morte produce qualchevolta delle febbri contagiose, e, per citare un esempio, la peste spaventosa che spopolò nel 1799 le città e le campagne della Barberia, scoppiò dopo una delle loro più grandi invasioni. Quando si presenta l’avanguardia dell’esercito devastatore, gli arabi le movono incontro, in frotte di quattro o cinquecento insieme con bastoni e con fuoco; ma non riescono che a farle deviare per poco dal loro cammino, e segue spesso che una tribù cacciandole verso le terre d’una tribù vicina, la guerra alle cavallette si cangia in guerra civile. La sola forza che può liberare il paese da questo flagello, è un vento favorevole che le spinga nel mare, dove s’annegano, e vengon poi, per parecchi giorni, rigettate a mucchi sulle coste; e il solo conforto che rimanga agli abitanti quando il vento favorevole non soffia, è di mangiare, come fanno, le loro nemiche, prima che abbian deposte le uova, bollite e condite con sale, pepe ed aceto. Hanno un sapore di granchiolino di mare e se ne possono mangiare fino a quattrocento in un giorno.