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fez 295

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - Marocco.djvu{{padleft:305|3|0]] ai piedi; il turbante era coperto da un alto cappuccio; i piedi nudi e infilati in due babbuccie gialle; il cavallo grande e bianchissimo, colla bardatura verde e le staffe d’oro. Tutta quella bianchezza e quell’ampia e lunga cappa gli davano un aspetto sacerdotale, una grazia di regina, una maestà semplice ed amabile, che corrispondeva ammirabilmente all’espressione gentilissima del suo viso. Il parasole, insegna del comando, che un cortigiano teneva un po’ inclinato dietro di lui, — un gran parasole rotondo, alto quasi tre metri, rivestito, sopra, di seta color amaranto, sotto di seta azzurra, ricamata d’oro, con una grossa palla dorata sulla cima, — aggiungeva gentilezza e dignità alla sua figura. L’atteggiamento grazioso, lo sguardo così tra pensieroso e ridente, la sua voce sommessa e monotona come il mormorìo d’un ruscello, tutta insomma la sua persona e la sua maniera aveva un non so che d’ingenuo e di femmineo, e nello stesso tempo di solenne, che ispirava una simpatia irresistibile ed un rispetto profondo. Non mostrava d’aver più di trenta due o trentatrè anni.

— Sono lieto, — disse, — che il Re d’Italia abbia mandato un Ambasciatore per stringere maggiormente i legami della nostra antica amicizia. La casa di Savoia non fece mai la guerra al Marocco. Io amo la casa di Savoia e

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