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— Paura! — esclamò il Comandante. — Di chi?
— Di noi. Non ha visto com’è diventato smorto e come parlava, che quasi gli mancava il fiato?
— Ma tu sei matto! E vuoi che lui, in mezzo a tutte le sue guardie e a tutto il suo esercito, avesse paura di noi altri?
— Così m’è parso, — rispose il Ranni imperturbabile.
Il Comandante lo guardò fisso e poi si pigliò la testa fra le mani in atto di profondo scoraggiamento.
Quella stessa sera entrarono nel palazzo, condotti da Selam, due mori, i quali avendo inteso raccontare meraviglie dei nostri gibus, desideravano di vederli. Andai a prendere il mio e lo apersi sotto i loro occhi. Vi guardarono dentro tutti e due con grande curiosità e parvero molto meravigliati. Credevano probabilmente di trovarci chi sa che complicato meccanismo di ruote e di cerniere, e non vedendoci nulla, si confermavano forse nella superstizione divulgatissima fra il volgo moresco che in tutti gli oggetti dei cristiani ci sia qualcosa di diabolico. — Ma non c’è nulla! — esclamarono tutti e due ad una voce. — Ma qui sta, — risposi per mezzo di Selam, — qui sta appunto il meraviglioso di questi cappelli so-