< Pagina:De Amicis - Marocco.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
328 fez

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - Marocco.djvu{{padleft:338|3|0]] impassibile come una statua, ci rassicurammo e tirammo innanzi senza badargli. Quante similitudini calzanti, inaspettate, e d’un effetto comico clamoroso, ma sventuratamente irripetibili, furono trovate a quegl’intingoli e a quelle salse!

Finita la colezione, s’andò tutti nel cortile, dove il Ministro della guerra presentò all’Ambasciatore uno dei più alti ufficiali dell’esercito. Era il Comandante supremo dell’artiglieria: un piccolo vecchio, secco, inarcato come una C, con un enorme naso adunco e due occhiettini diabolici; una figura d’uccello di rapina; caricato, piuttosto che coperto, d’uno smisurato turbante giallo di forma quasi sferica, e vestito presso a poco alla zuava, tutto turchino, con un mantello bianco sulle spalle. Aveva una lunga sciabola al fianco e un pugnale inargentato alla cintura. L’Ambasciatore gli fece domandare a quale grado della gerarchia militare europea corrispondesse quello ch’egli aveva nell’esercito marocchino. Parve che quella domanda lo mettesse nell’imbarazzo. Pensò qualche momento e rispose balbettando: — Generale; — poi ripensò e soggiunse: — No, colonnello — e rimase un po’ confuso. Disse ch’era nativo d’Algeri. Mi balenò il sospetto che fosse un rinnegato. Chi sa per che strane vicende si trovava colonnello nel Marocco!

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.