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— È un castigo ben severo per una simile colpa, — osservò l’inglese; — e se il loro supplizio deve servire d’avvertimento e d’esempio, perchè è stato proibito agli abitanti di Tangeri d’assistervi?

(Le porte della città erano state chiuse. Drummond Hay s’era fatto aprire dando una mancia a un custode).

— Non ragionate con me, Nazareno! — rispose l’ufficiale; — ho ricevuto un ordine, debbo ubbidire.

La decapitazione doveva farsi nel macello degli ebrei. Un moro d’aspetto volgare e perverso, vestito da macellaio, stava là ad aspettare i condannati. Aveva in mano un piccolo coltello lungo circa sei pollici. Era il carnefice. Straniero alla città, egli s’era offerto a quell’opera perchè i macellai maomettani di Tangeri, che sono ordinariamente incaricati delle esecuzioni capitali, s’erano rifugiati in una moschea.

Nacque un alterco fra i soldati e il carnefice a cagione della ricompensa promessa a costui per la decapitazione dei due infelici, i quali, ritti in disparte, eran costretti a sentir disputare sul prezzo del loro sangue. Il carnefice insisteva, dicendo ch’egli aveva pattuito venti lire per una sola testa e che glien’erano dovute altre venti per l’altra. L’ufficiale finì per ac-

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