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Stamattina, al levar del sole, sono stato a vedere la rassegna del presidio di Fez, che il Sultano fa tre volte la settimana, nella piazza dove ricevette solennemente l’Ambasciata.
Uscendo dalla porta della Nicchia del burro, ebbi un primo saggio delle manovre dell’artiglieria. Uno stuolo di soldati, vecchi, di mezza età e ragazzi, tutti vestiti di rosso, correvano dietro a un cannoncino tirato da una mula. Era uno dei dodici cannoni di campagna che il governo spagnuolo regalò al Sultano Sid-Mohammed dopo la guerra del 1860. Di tratto in tratto la mula scivolava o deviava o s’arrestava, e tutta quella ragazzaglia si metteva a urlare e a picchiare, ballando e sghignazzando, come se conducesse un carro da carnevale. In un tragitto di cento passi, si saranno fermati dieci volte. Ogni momento seguiva un’avaria: ora cadeva il secchiolino, ora lo scovolo, ora non so che altro; poichè tutto era appeso all’affusto. La mula andava innanzi a zig zag, a suo capriccio, o piuttosto dove la spingeva il cannone scendendo impetuosamente dai rialti del terreno; tutti davano ordini, nessuno obbediva; i grandi scappellottavano i piccoli, i piccoli scappellotta-