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sul sebù 461

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - Marocco.djvu{{padleft:471|3|0]] fare? Un soldato attraversò il fiume a nuoto e andò a portar la notizia al Governatore, il quale mandò un altro soldato, a nuoto, a dare una spiegazione della cosa. I barcaiuoli erano stati avvertiti il giorno prima di tenersi pronti per traghettare l’Ambasciata che sarebbe arrivata la mattina; ma trovandosi i barconi, per loro incuria, ridotti in stato da non poter servire, e non essendo capaci essi, o non volendo durar la fatica di accomodarli, erano fuggiti durante la notte, Dio sa dove, colle loro famiglie e coi loro animali, per sottrarsi al castigo del Governatore. Non rimaneva dunque altro da fare che tentar di riparare alla meglio il barcone meno fracassato, e così si fece. I soldati corsero a raccoglier uomini nei duar vicini e subito furono cominciati i lavori sotto l’alta direzione di Luigi il calafato, che in quell’occasione per lui memorabile, sostenne gloriosamente l’onore della marina italiana. Era bello vedere come lavoravano gli arabi e i mori. Dieci insieme, urlando e agitandosi, non facevano in mezz’ora il lavoro che facevano Luigi e il Ranni, militarmente silenziosi, in cinque minuti. Tutti comandavano, tutti criticavano, tutti andavano in collera, tutti tagliavan l’aria con gesti imperiosi, che parevan tanti ammiragli, e nessuno levava un ragno dal buco. Intanto il Governatore e il caid conversavano ad alta

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