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96 | sull'oceano |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - Sull'Oceano, 1889.djvu{{padleft:100|3|0]] passavan la giornata, pigiate e appiccicate in modo fra sè e alle pareti, da far pensare che non si fossero ficcati là che per gioco. Era una famiglia di contadini, dei dintorni di Mestre: marito e moglie ancor giovani: lei incinta avanzata; due gemelli maschi di sei anni, e una ragazzina sui nove, che aveva il capo fasciato. Questa faceva la calza, sul davanti, e i marmocchi biondi erano imprigionati fra le gambe del padre, che fumava la pipa, con le spalle al parapetto, porgendo un braccio alla moglie, che gli rimendava la manica. Poveri, ma puliti: sei visi che spiravano una cert’aria di bontà e di rassegnazione serena. All’avvicinarsi del medico, l’uomo s’alzò sorridendo, e gli disse che la putela stava meglio: s’era ferita due giorni innanzi ruzzolando per la scala del dormitorio. — E come va questa cucina? — gli domandò il medico. Il contadino andava ogni giorno in cucina, con altri emigranti, a sbucciar patate e a sgranar fagiuoli sotto la direzione dei sottocuochi, che davan loro in compenso qualche bicchier di vino. — La va ben — , rispose — ; almanco se beve. — Ma quel capo-cogo era d’un umore! Poi, interrogato, raccontò la sua storia. Uno zio gli aveva lasciato un po’ di terreno, tanto da poterci campare, o quasi, lavorando