< Pagina:De Amicis - Sull'Oceano, 1889.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
108 sull'oceano

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - Sull'Oceano, 1889.djvu{{padleft:112|3|0]] nezza formosa della persona. E in quell’andatura, e nello sguardo, e nei modi, visibilissima l’alterezza lieta della porteña, a cui si consente il primato sul bel sesso dell’America latina, la sicurezza ardita della donna nata in una società di lotta e d’avventure, la quale rispetta lei sola e l’educa fin da bambina a sopportare coraggiosamente i rovesci della fortuna. A passo lento, con una disinvoltura sorridente di padrona di casa, fece il giro del cassero, come di una sala da ballo, e s’andò a sedere vicino alla bussola; alla vera, quella che ella non avrebbe potuto far perdere, per fortuna di tutti. Intanto s’andavano formando e sciogliendo vari crocchi di passeggieri, e così io mi trovai un momento in compagnia del genovese monocolo, che aveva sul viso l’espressione solita d’una noia infinita, su cui il solo pensiero del cibo sornuotava, come un guizzo di luce sopra un’acqua morta. Io gli domandai che cosa gli paresse della cucina del Galileo. Egli scrollò il capo e stette un po’ pensieroso; poi, con lo stesso accento con cui avrebbe detto: Mi pare che la Russia abusi della tolleranza europea, rispose: — Ecco... io son franco: mi pare che si abusi dei piatti in umido... È la mia opinione, almeno. — Aveva però stima del cuoco, che era stato all’Hôtel Feder: forte nei piatti

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.