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rancori e amori 109

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - Sull'Oceano, 1889.djvu{{padleft:113|3|0]] dolci, duecento cinquanta lire al mese, un bell’uomo. E si offerse di presentarmelo. Io rimandai la presentazione a un altro giorno. — Giusto! — disse allora, guardando l’orologio; — vado a dare un’occhiata. Oggi ci dovrebb’essere del pasticcio di fegato. — E lasciò il posto all’avvocato marofobo, che passava in quel momento, stravolto, come sempre. Costui si soffermò a sentire il commesso marsigliese che decantava il mare con le consuete espressioni di fabbrica: — Mais, regardez-done! Est-ce beau! Est-ce imposant! Est-ce grand! J’adore la mer, moi. L’avvocato scrollò le spalle, Indispettito. Il mare bello! Quella era un’idea strana! L’uomo, in casa sua, trova tutto bello, come un cretino. Belle le montagne, bella la pianura; il cielo sereno, bello, il cielo in tempesta, bello; bello dove c’è vegetazione, bello dove non ce n’è. È stupido! Per me il mare non è che un immenso pantano.... E adesso che cosa succede? — S’era inteso un colpo dell’elica più forte degli altri. Egli si guardò intorno con diffidenza. Ma il buffo era che, parlando del mare, egli non vi fissava mai gli occhi: girava tutt’al più un’occhiata rapidissima rasente gli orli del bastimento, come un soldato atterrito getta uno sguardo sul nemico che s’avanza contro la fortezza. — Si consoli, però —

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