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l'oceano giallo | 149 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - Sull'Oceano, 1889.djvu{{padleft:153|3|0]] schiaron la vita, si mise a descrivere una tempesta spaventevole che l’aveva colto sulle coste d’Inghilterra, quando comandava ancora un bastimento a vela, e arrivato al momento supremo, imitò con una nota di testa, ma con grande verosimiglianza, il grido lungo e disperato che aveva messo il timoniere: — Andemmo a fooooooondo!
A quelle parole l’avvocato s’alzò, e sbattuto il tovagliolo sulla tavola, se n’andò a passi concitati, masticando degli accidenti, che guai se n’arrivava uno al suo indirizzo. Ma siccome gli seguiva spesso d’alzarsi prima degli altri, il comandante non ci badò, per fortuna. Povero avvocato! Non era ancora uscito che si cambiò discorso ex abrupto, come se fino allora non si fosse parlato che per far dispetto a lui. Prese la parola il comandante, e cominciò a dare alla conversazione quel colorito vario e stranissimo e quell’andamento matto, che le può dare solamente il comandante d’uno di quei piroscafi transatlantici, per il quale i luoghi lontanissimi che egli tocca, e in cui vive tutta la sua vita, sono come uniti e confusi in un solo, sempre e lutto presente al suo pensiero. Dall’ultima rappresentazione del Fra Diavolo al Paganini di Genova saltò a una quistione che aveva avuto il