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l'oceano giallo | 165 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - Sull'Oceano, 1889.djvu{{padleft:169|3|0]] mitorii essendo strette, vi si formaron davanti degli affollamenti, e ne nacquero rabbiose lotte di precedenza a gomitate e a fiancate, e uno scatenio di sacrati e di grida, sotto la furia crescente dell’acquazzone che inzuppava cappelli, trecce e giacchette, strepitando sulle vetrate e sui ponti, schiaffeggiando e lustrando ogni cosa. Quella confusione d’inferno mi fece pensare con spavento a che cosa sarebbe accaduto in un momento di pericolo. Non era altro che il primo saluto che ci mandava la zona torrida, la grande innaffiatrice del mondo, nel cui regno navigavamo da due giorni. E non durò che pochi minuti. La vôlta cupa delle nuvole si alzò, e rompendosi in vari punti come in tanti finestroni, lasciò cadere sulle acque ancora oscure qua e là e percosse da fasci di pioggia, una varietà non mai veduta di macchie di luce e di riflessi lividi, bianchi, verdi, dorati, che diedero all’oceano l’apparenza di molti mari congiunti, di cui ciascuno fosse rischiarato da un astro diverso: l’immagine strana e triste di un mondo in cui principiasse il disordine della fine.
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