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il passaggio dell'equatore 203

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - Sull'Oceano, 1889.djvu{{padleft:207|3|0]] portanza di affari di stato. E dal Commissario seppi che la contadina di Mestre era segno d’immensa invidia a tutte le donne incinte di terza, e più alle più avanzate, perchè è tradizione di gentilezza marinaresca che le puerpere, a bordo, siati trattate con grandi riguardi; e quell’altre, vedendo passare tazze di brodo, cosce di pollo e bicchierini di Marsala, pensavano con rammarico che a loro, a terra, non sarebbe toccata eguale fortuna. — Si chiama esser fortunate! — dicevano. E se fosse bastato uno sforzo per anticipare di qualche giorno la cosa, l’avrebbero fatto con tutti i sentimenti. Qualcuna era indispettita sul serio.

Quanto all’equatore ne discorrevano tutti. Ma qui bisogna rifarsi un poco indietro per spiegare bene quale senso facesse il mare in tutta quella gente. Prima di tutto, le era antipatico. L’ignoranza non ammira il mare, perchè ha poco o nulla da scrivere col pensiero su quella immensa pagina pulita, e l’immensità semplice non è bella che per chi pensa. Non ricordo d’aver mai inteso fra quegli emigranti un’esclamazione ammirativa per l’oceano. Dinanzi all’acqua essi rimangono sempre alla prima idea che essa desta in ogni creatura umana, che è

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