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nel golfo di leone 19

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chio. Aveva fatto parecchie traversate dell’oceano, perchè la sua famiglia era stabilita nell’Argentina, a Mendoza; ma pativa all’ultima le medesime torture che alla prima: di giorno una spossatezza e un’agitazione morbosa, e di notte un’insonnia incurabile, tormentata dalle più nere immaginazioni che possano passare per mente umana. Odiava a tal segno il mare che era capace di star sette giorni di seguito senza guardarlo, e ogni volta che trovava in un libro una descrizione marina, la saltava a pié pari. Mi giurava, infine, che se si fosse potuto andare in America per terra, egli avrebbe viaggiato un anno in carrozza piuttosto che far quella traversata di tre settimane. A tanto era ridotto. Un medico suo amico gli aveva detto per celia, ma egli credeva fermamente, che quella violenta avversione al mare non poteva derivar da altro che da un presentimento misterioso di dover morire in un naufragio.

— Scià se leve queste idee da a testa, avvocato! — gli disse il suo vicino dell’altra parte.

L’avvocato scrollò il capo, accennando con l’indice il fondo del mare.

Vedendo che aveva già conoscenze a bordo, gli domandai informazioni. Come avevo indovinato giusto! Il mio vicino di destra; in fatti,

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