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l'oceano azzurro 261

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - Sull'Oceano, 1889.djvu{{padleft:265|3|0]]sedici giorni di viaggio, un’altra di simpatie, d’amori e di ripeschi, molto intricata, e assai più variopinta dell’altra. Il Commissario sapeva tutto o quasi, per veduta propria e per quello che gli andavano, a riportare, richieste o no, quindici o venti comari informate d’ogni braca, le quali esercitavano a prua lo stesso ufficio che la madre della pianista e l’agente di cambio facevano a poppa. Ed era un divertimento impagabile il sentirgli sfilar la corona delle passioni, sul palco di comando, con gli occhi sulla folla, indicando via via i personaggi, con quella sua parlata lenta di giudice di pace, comicissimo dentro e grave di fuori. La prua tutta nera di gente ci si stendeva di sotto come un vasto palcoscenico scoperto, accarezzato in quel momento da una brezza morbida, che faceva sventolare i panni distesi a asciugare e svolazzar le cocche dei fazzoletti e i capelli sulle tempie alle donne. Ed egli raccontava. Gli amori eran molti, ed essendo costretti a rimanere la più parte, o sempre o quasi sempre, nei confini d’una castità rigorosa, s’erano venuti rinfiammando e inasprendo, si può dire, a veduta d’occhio, come non accade mai nelle città o nelle campagne. Non c’era donna giovane, maritata o ragazza, che non avesse il suo o i suoi vagheggiatori,

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