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294 | sull'oceano |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - Sull'Oceano, 1889.djvu{{padleft:298|3|0]] E diceva tutto questo con tristezza, ma senza acrimonia, non per ossequio a me, ma per quella coscienza confusa, comune a molti tra ’l popolo, e derivata in parte dall’idea religiosa, in parte da intuizione propria, che la miseria del maggior numero sia più che altro effetto d’una legge del mondo, come la morte e il dolore, una condizione necessaria dell’esistenza del genere umano, che nessun ordinamento sociale potrebbe radicalmente mutare.
— Basta — , concluse, rimettendo la pipa in tasca, e posando le mani sul capo del suo bambino — , che il Signore me la mandi buona. Se in America trovassi almeno la brava zente che ho trovato qui a bordo! Perchè senta, sior paron, se quella povera putela inferma non va in paradiso vuol dire che non ci lasciano entrar più nessuno. Lei fa portar le minestrine alle donne da late, lei dà bessi ai poveri, lei regala biancheria a chi non ne ha, lei è la benedizione di tutti. Ma co’ ghe digo mi che el mondo va mal. Un anzolo compagno, ghe tocarà morir zovene. Vegno, ciaccolona! — gridò verso il camerino. — Con parmeso, paron. Mia muger me ciama. La se varda, che a momenti se verze le catarate! —