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302 | sull'oceano |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - Sull'Oceano, 1889.djvu{{padleft:306|3|0]]impregnava il corpo, in maniera da esser sentita in tutte le direzioni e oppostamente in tutti i punti, ne seguiva che il corpo avrebbe dovuto scendere illeso. Poi, accordandosi sulla velocità iniziale, sull’aumento di velocità nella discesa e sulla profondità massima dell’Atlantico, calcolarono che il cadavere avrebbe impiegato un’ora a compiere il suo viaggio verticale. — Adagio, però, — disse il chileno, — il cadavere può trovar delle correnti che lo risospingano in su ad una grande altezza. A quest’immagine del cadavere che tornava in su, m’accorsi che il mio vicino avvocato cominciava a fremere. Nondimeno stette fermo lì, coraggiosamente. Ma il genovese ebbe la cattiva ispirazione di riferire la descrizione, letta in un giornale di New-York, della discesa d’un palombaro, il quale aveva trovato dentro alla carcassa d’un piroscafo andato a picco i cadaveri dei naufraghi mostruosamente gonfiati, ritti nell’acqua, con gli occhi fuor della fronte e con le labbra cadenti, così orrendi a vedersi al lume della lampada, che gli s’era agghiacciato il sangue nel cuore ed egli avea preso la fuga come un pazzo; e a quell’uscita l’avvocato non potè più reggere: balzò in piedi, e sbattendo la forchetta sul piatto: — Un po’ di riguardo, signori!