Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
La giornata del diavolo | 323 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - Sull'Oceano, 1889.djvu{{padleft:327|3|0]]mani, si sfidavano con le debite forme: — A prua! — A prua! — Questa sera a notte! — A notte! — Il castello di prua era il campo chiuso prescelto solitamente dai cavalieri. Tre o quattro volte, per altro, se le diedero subito e di santa ragione, prima due, poi tre, poi una mezza dozzina, producendo un ondeggiamento in tutta la folla, e dovettero accorrere gli ufficiali e i marinai. Due ubbriachi, che avevano il vino triste, s’avvinghiarono come due belve, e s’ammaccarono le costole cascando tutti e due insieme sopra le ruote del verricello. E questa volta accorse il comandante, furibondo, col proposito manifesto di dare qualche masca memoranda, per rifarsi la mano. Ma non giunse in tempo. Le cose erano al punto ch’io m’aspettavo di veder prima di sera tutta quella massa di gente avviticchiarsi e accavallarsi in un monte informe di membra, come nelle mischie guerresche del Dorè, e traboccare fuori dai parapetti nel mare. Ma invece d’avversione, sentivo più forte, in quei brutti momenti, la compassione delle loro miserie, e come un impulso affettuoso e triste verso di loro; poiché sotto l’espressione provocante di tutti quei visi, s’indovinava un oscuramento passeggiero di ogni speranza, una grande stanchezza della vita, un