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328 | sull'oceano |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - Sull'Oceano, 1889.djvu{{padleft:332|3|0]]tornarvi un giorno, la maraviglia e l’allegrezza affettuosa d’incontrar dei fratelli, di sentir la voce e l’alito dell’Italia nella solitudine dell’Atlantico immenso. Furono pochi minuti. In pochi minuti il Dante non fu più che una macchia nera nell’azzurro, dentellata appena dallo mille teste confuse dei suoi passeggieri. Ma quella rapida visione aveva tutto mutato a bordo del Galileo, aveva risuscitato le speranze di buona fortuna, ridestati i canti, le risa, la benevolenza, la vita. — Signore! — intesi dire vicino a me. Mi voltai: era la signorina di Mestre che toccava il garibaldino col ventaglio. Questi si voltò, e la ragazza, con un viso come illuminato da un baleno dell’anima, accennandogli con la mano scarna il piroscafo che s’allontanava, gli disse con la sua dolcissima voce: — Ecco la patria.