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In extremis 335

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - Sull'Oceano, 1889.djvu{{padleft:339|3|0]]fatti, pareva che non si volesse far molto aspettare. Il nuvolone c’era già quasi sul capo, e altre nuvole accorrevano velocemente, alcune delle quali, lunghe e sottili, ci passavan sopra a volo cos{{{}}}ì basse, che pareva che toccassero l’alberata. Il vento, intanto, si faceva più forte, e il mare principiava a ondeggiare, e il piroscafo a ballare più che fino allora non avesse mai fatto, tanto che tutti dovettero afferrarsi ai parapetti e ai sedili. Qualcuno, però, non credeva ancora che ci sarebbe stata tempesta. — Non è che un piovasco, — dicevano. Ma quelli che avevano già fatti molti viaggi, scrollavano il capo, strizzando un occhio. Io mi ricordo bene che, osservando più che gli altri me stesso, stavo aspettando con una certa curiosità psicologica quando e come mi sarebbe entrato dentro quel sentimento che ci vergogniamo tanto di confessare; e m’illudevo di potere tener dietro al suo lento avvicinarsi, senza sospettare che mi dovesse balzar addosso tutt’a un tratto, nel punto in cui traboccando sulla bilancia dell’anima l’istinto della conservazione, il piattello della curiosità sarebbe andato per aria. Insomma, stando a terra, avevo pur desiderato molte volte di trovarmi a una tem-

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