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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - Sull'Oceano, 1889.djvu{{padleft:344|3|0]]per lungo tempo. Confusamente cercavo di ricordarmi di notizie lette e intese a quel proposito, che mi confermassero nella speranza di un’agonia breve. E mi ricordo che il pensiero d’avere una volta desiderato per curiosità una tempesta, mi pareva una cosa insensata, mostruosa, incredibile, fuori della natura umana. Ecco dunque la realtà che desideravi, stupido pazzo! Ma questi pensieri eran come spezzati dagli sforzi vigorosi che dovevo fare per tenermi afferrato all’orlo sporgente della cuccetta, in ginocchioni sul tavolato; che era l'unica maniera di non essere sbatacchiato là dentro come un topo nella topaiola; e scompigliati anche dai fragori assordanti che si succedevano sopra nel salone, dove le vetrate degli armadi, sbattute, andavano in pezzi, e torri di piatti precipitavano frantumandosi, e il pianoforte, staccatosi dalla parete, andava di qua e di là cozzando nelle colonnine e nelle tavole. Ma assai peggio di quel frastuono di palazzo messo a sacco, peggio dei gemiti umani e del muggito del mare, era il rumore che faceva la membratura del piroscafo, uno scricchiolìo sinistro di edificio dislogato dalle fondamenta, una musica di scrosci, di schianti, di lamenti acuti, come se il corpo vivente del colosso soffrisse e gridasse, e corressero dei

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