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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - Sull'Oceano, 1889.djvu{{padleft:354|3|0]]spigolo della credenza, e s’ora fatto uno spacco. In quel punto uscì una voce chiara dai camerini degli argentini:

Hijo audaz de la llanura
Y guardian de nuestro cielo...

Quei tristi inneggiavano al vento pampero, a cui dovevano quelle otto ore di morte. Ma il vento pareva che fosse caduto quasi del tutto, benché il mare durasse agitatissimo. Dello facce immelensite si sporgevano fuori degli usci, in aria interrogativa, e poi rientravano in fretta. Una voce che mi parve quella del Secondo, gridò dall’alto della scala: — È passata, signori! — e gli risposero varie esclamazioni dei camerini: — Oh buon Dio! — Ma è vero proprio? — Laudate Dominum! — Che il diavolo ti porti! — Ah! son mezz’andato! — Ma un fremito di vita ricorreva da tutte le parti, come in un cimitero sotterraneo, dove i morti cominciassero a fregarsi gli occhi e a stirare le braccia. Mi sentii toccare la spalla: era l’agente, in veste da camera, con un livido a traverso il mento, ma allegro. — Ah! che scena! — disse — ho sentito tutto. — Parlava degli sposi: nel momento del pericolo s’eran messi a pregare, e poi s’erano scambiati gli addii.

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