< Pagina:De Amicis - Sull'Oceano, 1889.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
356 sull'oceano

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - Sull'Oceano, 1889.djvu{{padleft:360|3|0]]pure che lo scongiuravano in nome del cielo che facesse voltare il bastimento, per tornare indietro. Una delle più atterrite era stata quella falsa leonessa della bolognese, che singhiozzava e s’arruffava i capelli apostrofando il destino, come un’attrice di circo. E raccontava anche degli esempi di paura ingenua. Una povera vecchia l’aveva chiamato dalla sua cuccetta, e, con la voce strozzata dal pianto, mettendogli in mano settanta lire in argento, l’aveva pregato, già che era destino che s’andasse a fondo, che gli facesse la carità di far pervenire quella somma a suo fratello, a Parana; come se, qualunque disastro avvenisse, fosse legge di natura che gli ufficiali di un piroscafo dovessero giungere salvi a destinazione. Una povera contadina, cadendo da una cuccetta del secondo piano, aveva abortito. Altre dallo spavento avevan perso la parola, e non facevano più che voci inarticolate e gesti di deliranti. In quel momento ancora ce n’erano molte che non volevano credere che fosse cessato il pericolo, e stavano sempre afferrate convulsamente alla loro cuccetta, respingendo ogni parola di consolazione. Povere donne! Esse mettevano anche più compassione perchè non nascondevano per orgoglio l’animo loro. Quelle già risalite sopra

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.