Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
Domani! | 367 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - Sull'Oceano, 1889.djvu{{padleft:371|3|0]]fosse vissuto molti anni, e avesse esercitato tutti i mestieri. Diceva dei tiri scellerati che si tacevano agli emigranti che avevan qualche cosa: cessioni di terre lontane per un boccon di pane; terre fertili e irrigate, dove si sarebbero fatti ricconi in dieci anni; e i merli, vuotata la borsa e partiti, trovavan poi dei deserti di sabbia, un’aria miasmatica, gli indiani a poche miglia, i leoni in volta la notte, e dei serpenti di cinque metri che s’infilavano nelle case. E costretti a scappare dalla fame, dovevano viaggiare a piedi per centinaia di miglia prima di trovare un luogo abitabile, flagellati dalla pioggia per settimane intere, e portati via da venti d’inferno, che travolgevano i cani e le vacche come foglie secche. A quei discorsi alcuni, sospettando l’esagerazione, alzavan le spalle, e se ne andavano; ma molti bevevan tutto, e rimanevano pensierosi, con gli occhi al tavolato. In altri crocchi, però, predicavano degli ottimisti: un mondo nuovo, non più tasse, non più leva, non più tirannie: la terra germogliava a toccarla appena con l’aratro, la carne a cinquanta centesimi il chilogrammo, paesi di quattromila anime dove non si vedeva la grinta d’un “signore.„ E citavano casi di rapide fortune, i granai ricolmi, i lavoratori dei campi che pagavano un profes-