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L'america | 395 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - Sull'Oceano, 1889.djvu{{padleft:399|3|0]]e lasciato le ossa. Pochi parlavano. Il piroscafo volava, la striscia di terra s’alzava e s’allungava. Era la costa dell’Uruguay. Non si vedeva nè vegetazione né abitato. Parecchi che s’aspettavano di scoprire una terra maravigliosa, parevan delusi; dicevano: — Ma è tale quale come i paesi nostri. — In un crocchio parlavano di Garibaldi, che su quella costa aveva combattuto, e si capiva che il trovar dopo tanti giorni di viaggio una terra sconosciuta dove quel nome era vivo come nella patria, ingigantiva smisuratamente la sua gloria nel loro concetto. Una contadina giovane, seduta vicino all’uscio del dormitorio, con un bimbo fra le braccia, piangeva, e suo marito la trattava di fabioca (scimunita), dandole del gomito nella spalla. Domandai a una vicina che cos’avesse. Un’idea, rispose. La vista dell’America, come se soltanto al vederla si fosse persuasa d’aver abbandonato irrevocabilmente il suo paese, le aveva stretto il cuore, e s’era messa a piangere. Mi spinsi oltre, vicino al castello di prua. E trovai due operai torinesi seduti sull’opera morta... Ah! questa non la scorderò mai più. Sulle acque dell’oceano, in faccia al nuovo mondo e al nuovo avvenire, in quel momento solenne, discutevano intorno all’ubicazione precisa della trat-