< Pagina:De Amicis - Sull'Oceano, 1889.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

a prua e a poppa 67

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - Sull'Oceano, 1889.djvu{{padleft:71|3|0]]sguardo m’aveva rivelato un segreto della sua vita: un momento terribile, a cui era stato certo condotto da lunghe amarezze, e dopo un grande mutamento seguito a poco a poco nell’anima sua, la quale doveva esser stata un tempo sana e piena di forza feconda come il suo bel corpo di soldato e d’atleta. Ed era morto ogni entusiasmo, e forse anche ogni affetto in lui; ma lo scetticismo in cui era caduto, non era ignobile, perchè soffriva, e amava ancora il bene in cui non sperava più: erano rovine, ma d’un edifizio d’oro. Compresi, peraltro, che non sarebbe mai entrato in relazione nè con me nè con altri, e lo lasciai solo, a guardare il mare.

E andai a guardarlo anch’io, dall’altra parte, poiché dal giorno della partenza non ci si era ancora mostrato così: tutto a belle onde allegre, che venivan su morbide e lucide di cento sfumature verdi e azzurre di cristallo, di velluto, di raso, sormontate di ciuffi e di pennacchi d’argento e di criniere bianche arricciate, e di mille piccole iridi brillanti a traverso a un polverio finissimo di gocciole, su cui si levavano qua e là degli spruzzi candidi altissimi, che eran come le grida di gioia di quella folla danzante al sole, sotto le carezze dell’aliseo. Si vedeva l’onda

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.