< Pagina:De Amicis - Sull'Oceano, 1889.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
82 sull'oceano

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Amicis - Sull'Oceano, 1889.djvu{{padleft:86|3|0]] dentro a quella segreta, nel mezzo dell’oceano, quelle due creature avviticchiate per mordersi, che portavano da un mondo all’altro l’inferno che le straziava! Tutt’a un tratto tacquero, e pochi minuti dopo, mentre io uscivo, uscivano essi pure, vestiti di tutto punto, e apparentemente impassibili; ma, arrivati alle due scalette che conducevano in coperta, voltarono l’uno a destra l’altro a sinistra, senza guardarsi. Pel corridoio m’imbattei nel giovine toscano, attillato, che stava in sentinella, e passando davanti all’uscio della signora svizzera, mi parve di veder scintillare al fessolino un occhio azzurro. Poi m’urtai nell’agente, il quale mi disse ex-abrupto: — Ma sa che quegli sposi mi seccano! — Aveva sentito che la sposa, la sera, diceva le orazioni. E poi... mille noie. Fra le altre cose, a tempo perso, studiavano la grammatica spagnuola: coniugavano dei verbi a mezza voce, interrompendosi a ogni tempo per darsi dei baci. Giusto la sera avanti aveva inteso un passato remoto insopportabile. Voleva farsi cambiar di camerino. E aveva notizie nuove da darmi intorno a nuovi personaggi; ma lo pregai di serbarle a più tardi, e andai difilato a prua, col proposito di mescolarmi cogli emigranti, e di entrare in discorso con loro.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.