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il memoriale del marito | 101 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Roberto - Documenti Umani.djvu{{padleft:124|3|0]]da espandere, un dolore da alleviare, se ne veniva da me. Mi chiamavano la spugna. M’imbevevo di confessioni. Ero credulo. Quelle speranze, quelle gioie, quegli stessi dolori li invidiavo, e la mia piccolezza, la mediocrità mia mi parevano più grandi.
«Divago; domando perdono. Questo è per far comprendere il mio carattere, ma importa fino ad un certo punto.
«Per certo, io non credevo che un giorno avrei pigliato moglie. Nel matrimonio, vedevo l’amore; e l’amore mi pareva una cosa molto difficile e molto rara. Dapprima, avevo nutrito qualche speranza.... una di quelle speranze che non dicevo a nessuno, e che dico ora soltanto. Leggevo dei versi, ed un’eco me ne restava dentro. Avrei voluto farne, più belli, più sonori, più eterni; avrei voluto farli per qualcuno.... Chimere. Chi è stato giovane, capirà. Ebbi una volta un piccolo romanzo; siccome è molto corto, lo narrerò. Uno dei tanti amici che mi avevano preso per confidente, aveva avuta una relazionein Francia con una Americana. Come io sapevo l’inglese, oltre che da confidente gli servivo da interprete e da segretario. Gli traducevo le lettere che riceveva dall’amante, e rispondevo per lui. A furia di leggere e di scrivere frasi di amore per conto d’altri, finii per