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ermanno raeli. 259

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Pei corridoi dell’albergo, nelle scale, nessun segno di vita. Nel salone da ballo, le candele consunte, il suolo sparso di carte dorate, di banderuole, di tutti i minuti residui del cotillon. Massimiliana rabbrividì, passandovi dinnanzi dagli usci spalancati. Sul vestibolo, ella andò incontro al portiere che passeggiava di su e di giù, con le mani in tasca e la pipa in bocca. «Dove potrei trovare una carrozza?» Il vecchio aveva smesso di fumare, guardandola stupito. «In piazza del Teatro Massimo... Se vuole che vada io...» — «No, grazie...»

Ella traversò il Maria-Square, dirigendosi alla via Cavour. La sua risoluzione era presa: andare dalla contessa, invocare l’assistenza di lei: era stata a parte di tutto; lei sola poteva soccorrerla. Errò un poco per le strade ancora deserte senza incontrare una carrozza; trovatala, dette al cocchiere l’indirizzo della villa Verdara. Col moto, con l’aria fredda del mattino, l’incubo si dissipava; ella considerava con un poco più di fermezza la situazione; ma la necessità di rivedere Ermanno le pareva

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