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storia d’un’anima 111

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Roberto - Spasimo.djvu{{padleft:123|3|0]]quattro anni la vita necessariamente dissipata dello scapolo senza sentire più presto il bisogno d’un affetto legittimo, si riducesse durabilmente a quella del marito esemplare e s’appagasse dell’ingenuo amore della giovinetta era forse naturalissimo? Ed era innaturale ed inammissibile che la sposa amante ignara del mondo circoscrivesse tutta la gioia nel suo nuovo stato? I particolari del dramma sfuggivano al Ferpierre, ma egli li ricostruiva con l’imaginazione. Un’altra donna, una donna tutta diversa dalla contessa, molto esperta, senza scrupoli, aveva sedotto Luigi d’Arda: egli aveva tentato di resistere persuaso dell’infamia che avrebbe commessa tradendo la giovanetta, dandole l’esempio del male, egli cui non solo il dovere ma anche l’interesse consigliavano di seguire la rigida via dapprima tracciatasi; ma la tentazione aveva dovuto vincerlo. Che cosa bisognava pensare del sospetto della contessa, che egli si fosse data la morte? L’anima alta di lei attribuiva allo sposo la volontà di castigarsi se era stato incapace di evitare l’errore? Oppure l’imaginazione romanzesca della donna vedeva un suicidio dove non c’era altro che un disgraziato accidente? Mistero nel mistero; ma questo doveva restare impenetrabile, se oramai il suggello della morte aveva chiuso le labbra dei due attori del dramma. La tentatrice sola, se viveva, avrebbe potuto rischiararlo; ma che,

soccombente mal suo grado alla colpa, il conte avesse

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