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duello | 139 |
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— Ebbene: guardate, leggete....
Il Ferpierre prese il diario, lo schiuse alla pagina dove aveva trovato i fiori e lo passò al giovane.
«Non la gioia ha tanta virtù di far dimenticare il dolore quanto un nuovo dolore. — La notte del 12 agosto.»
Roberto Vérod considerava i fiori morti, rileggeva il mortale pensiero con occhio arido. Non poteva più piangere.
— Comprendete il significato di queste parole? — riprese il Ferpierre. — Mi pare che sia fin troppo evidente. Insieme con voi, all’omaggio che le facevate, al pensiero d’amore che vi scopriva, ella sentivasi sollevare dalla lunga oppressione e pensava che per virtù della nuova gioia il dolore fosse dimenticato; più tardi, nella notte, considerando tra sè la condizione sua, riconoscendo di non poter secondare questa passione, di dover rinunziare alla sperata felicità, vedeva ancora finito il dolore antico, ma non più per opera del piacere, sibbene per un nuovo e maggior dolore. La tristezza di questo pensiero è veramente mortale, ella ha saputo esprimerlo con una forma incisiva che farebbe invidia a ogni scrittore di professione. Nel leggerlo io già sospettai che si riferisse alle vostre relazioni con lei; dopo ciò che mi avete narrato è manifesto. Vedete dunque come questo amore non fosse
per la disgraziata signora un motivo di speranza, ma di estrema disperazione.