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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Roberto - Spasimo.djvu{{padleft:161|3|0]]comprendeva che, secondo le induzioni del magistrato, il valore di quella prova veniva ad essere invertito; che dalla prossima contemplazione d’una felicità alla quale credeva e sentiva di non potersi accostare, ella era stata appunto determinata all’ultimo passo. E se il magistrato aveva ragione, la severità delle sue parole restava giustificata; ma, più della severità di quell’uomo, l’intima coscienza del male fatto alla creatura che egli doveva e voleva vegliare con trepida cura lo straziava, ineffabilmente. Non più, come il giorno innanzi, egli gridava dal dolore; ma si sentiva premere, stringere, torcere il cuore da una mano di ferro; soffocava, le parole gli morivano sulle labbra, sentendo di dover dire la verità e comprendendo che la verità sarebbe stata contro di lui.
— Sì, le parlai dell’amor mio... Parlammo della nuova stagione, del freddo che presto ci avrebbe scacciati di qui... Io volevo sapere dove sarebbe andata, dove e quando avrei potuto rivederla. Ella mi disse: «Non so ancora dove andrò; forse a Nizza, forse a Biarritz. Non è meglio ignorarlo, per voi e per me?...»
— Vedete?... E poi?
— Io dissi: «Sia come volete. Da lontano, da vicino, pensate che vivo di voi...» Ella chiuse gli occhi. Io soggiunsi: «È la verità. Dovrei nasconderla? Non m’avete insegnato a dir sempre la verità? Non la
sapete, d’altronde?...» Tacemmo. Il