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duello | 151 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Roberto - Spasimo.djvu{{padleft:163|3|0]]«La vostra volontà sarà fatta, sempre. Se volete, io partirò domani. Aspetterò da lontano. Se volete che non aspetti, che non speri, cercherò d’obbedirvi. Sarà difficile svellere la speranza per la quale la vita si regge; ma pensate che il mio piacere, il mio orgoglio, il mio vanto consiste nell’essere come voi volete...» Tutto era scomparso alla vista: i candori delle nubi, le nerezze dei monti sfumavano e si confondevano in un grigio uniforme. La pioggia cominciava a cadere. Ella rabbrividì. Io ripresi la sua mano. Volevo significarle che era il gesto del saluto, che ella poteva lasciare la sua mano nella mia, un’ultima volta. Non seppi dire. Ella non ritrasse la mano, nè io potevo ancora parlare; troppi pensieri mi premevano...
— Non sentivate la lotta formidabile che si combatteva in lei?
All’interruzione il Vérod scrollò il capo ripetutamente.
— Non so, non so... Troppi pensieri volevano essere espressi; ma un’idea mi occupava: «Se parlerò, io perderò la sua mano.» Il velo della nebbia ora si veniva diradando; quando il lago appariva le ondate spumose che sorgevano e svanivano davano imagine di rapide accensioni abbaglianti. Un lembo di cielo sorrise. Allora dissi: «Vedete l’azzurro?...» Ella si levò...
— E poi? — domandò il giudice, alla reticenza del narratore.