< Pagina:De Roberto - Spasimo.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

duello 163

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Roberto - Spasimo.djvu{{padleft:175|3|0]]ciò ad incolparsi, a interdirsi la speranza prima consentita. In questa situazione che motivo aveva il principe di ucciderla? L’amava ancora o, se vi piace, era geloso d’una gelosia tutta brutale, di quella gelosia che è offesa al sentimento di proprietà e nient’altro. Ma di che poteva accusarla? Non di essersi data a voi! Egli doveva anzi esser certo che il più lieve sforzo di bontà, una prova d’amore, una parola buona avrebbero impedito che la contessa fosse vostra. Io voglio credere che non la gelosia, non l’odio vi facciano disistimare tanto quest’uomo; ammetto che i buoni sentimenti gli siano sconosciuti e che egli sia veramente capace d’un volgare delitto. Ma la malvagità più brutale ha pure bisogno d’un pretesto, se non d’una ragione, per armarsi e colpire. Io non vedo qui nè ragioni nè pretesti. Supponete forse che, dopo avervi con tanta pena accordato un assenso tanto ambiguo, ella andasse da lui per provocarlo, dichiarandogli ad un tratto d’amar voi? Forse l’amor proprio vi suggerisce, a vostra insaputa, questo ragionamento. Esso è illogico. Se la contessa avesse voluto secondare l’inclinazione che sentiva per voi, nessuno glie lo avrebbe vietato quando Zakunine era lontano. Anche ora aveva ella veramente bisogno di chiederne licenza a quest’uomo? Se l’impedimento fosse venuto da costui ella avrebbe potuto ribellarsi e sfidare; ma non veniva da lui, sibbene da lei stessa, dalla

sua intima coscienza.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.