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la confessione 207

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Roberto - Spasimo.djvu{{padleft:219|3|0]]confessione le avrebbe giovato. Parimenti non la sola delicatezza doveva aver persuaso il principe a negare la sua relazione con lei; ma anche e specialmente la paura che, dicendo la verità, glie ne sarebbe venuto nocumento. Più ripensava alle loro risposte, più il magistrato riconosceva che un interesse secreto li aveva messi per le opposte vie. Ma restava ancora insoluto il problema: erano essi due complici che volevano salvarsi, oppure due innocenti che temevano di difendersi male?

Il dubbio tornava ad occupare il Ferpierre. A certi momenti egli pensava se il dover suo non fosse di rimetterli in libertà; poi un sospetto che non sapeva bene giustificare a sè stesso, qualche cosa di ambiguo nella condotta, e più che nella condotta nell’espressione degli accusati, lo consigliava a indugiare, a cercare ancora.

Intorno al più triste sospetto, al sospetto d’un omicidio per furto, egli ebbe da Milano notizie sfavorevoli agli accusati. Dalla deposizione del ragioniere di casa d’Arda risultò che le somme di denaro, presso la contessa, dovevano essere molto superiori a quelle trovate. Ma il Ferpierre ebbe tosto prova che il furto non era stato commesso. Giulia Pico, interrogata intorno alla moralità degli altri servi ed alla possibilità che qualcuno di essi si fosse inteso con i Russi, diede risposte che esclusero ogni sospetto. Ella disse anche che la sua

padrona faceva molta beneficenza, che

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