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216 | spasimo |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Roberto - Spasimo.djvu{{padleft:228|3|0]]degno sentimento, come impedivano di credere che egli avesse voluto la morte d’una persona nuovamente cara, così spiegavano l’odio se non la gelosia della studente. Se Zakunine pareva più capace d’uccidere, era meno verosimile che la sua posizione nel partito, la febbre di propaganda e le gravi responsabilità non lo avessero distolto da un delitto che lo consegnava alla giustizia. Nella Natzichev invece, meno seriamente impegnata, la coscienza delle responsabilità era nulla o minima; il dovere politico doveva opporre in lei, donna, minore ostacolo alla passione; e se ella non aveva ancora meritato condanne per crimini, le informazioni della polizia la dicevano capace di consumarne. Questa capacità, la violenza dei suoi sentimenti, non le stavano scritte del resto nella fisonomia, negli sguardi? In tutta la sua persona, in tutte le sue parole, non c’era qualche cosa di duro, di fiero, una sfida continua, una sorda minaccia, una ribellione implacabile? Lo stesso suo contegno dinanzi al cadavere e dopo la prigionia disponeva il Ferpierre contro di lei. Mentre Zakunine era apparso perduto dal dolore, ella era rimasta fredda, impenetrabile. Aveva dapprima negato d’essere l’amante di lui, poi aveva confessato; questa e le altre contraddizioni, l’iniziativa presa nell’ultimo interrogatorio rispondendo invece del principe, rivelavano, nonostante la mentita indifferenza, l’ansia
secreta di salvarsi.