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la confessione 219

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Roberto - Spasimo.djvu{{padleft:231|3|0]]voluto lasciare nel dubbio, siamo noi responsabili della prolungata vostra prigionia?

La Natzichev continuava a guardarlo fiso. All’ultima domanda, chiusi un attimo gli occhi, ella disse:

— Che volete significare?

— Non comprendete?

— No.

— Eppure non sarebbe difficile... O sperate ancora di liberarlo insieme con voi? La vostra intenzione era e sarebbe molto lodevole, se non offendesse quella verità che tanto noi abbiamo il dovere di scoprire, quanto voi dovreste avere quello di riconoscere...

— Che dite?... — interruppe la giovane, con un moto d’insofferenza.

— Io non dico nulla, — rispose il Ferpierre stringendosi nelle spalle e abbassando lo sguardo alle carte che stavano sulla tavola. — È il vostro stesso amante quello che confessa d’esser egli l’assassino!

Nell’evitare lo sguardo della giovane il magistrato obbediva a due impulsi diversi. Doleva alla sua rettitudine di servirsi della menzogna per iscoprire la verità; rare volte, e soltanto nei casi disperati come quello dinanzi al quale ora trovavasi, e sempre superando un’istintiva repugnanza egli aveva ricorso a questo mezzo. Tuttavia, se un senso di

vergogna l’occupava secretamente e gli faceva

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