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226 | spasimo |
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— Volete dire che non per amor vostro egli trascurava di lavorare al trionfo della causa, ma per la contessa?
— Sì.
— Perchè stava allora a Zurigo, vicino a voi, e non con lei?
— Perchè sapeva di esserle odioso, ma voleva parlare con qualcuno di lei.
— E ne parlava con voi?
— Sì.
— Già voi diceste che non ve ne tenne parola! Ma, se ve ne parlava, non vi amava?
— Non mi ha amata mai.
Nonostante la freddezza impassibile del viso statuario, qualcosa di così dolente echeggiava nelle ultime parole della giovane, che il Ferpierre pensò: «Non mentisce!»
— E voi sì, l’amaste, l’amate?
— Che v’importa di ciò? — riprese ella tornando a una durezza che il Ferpierre giudicava ora ostentata. — Importerà a voi ciò che non importa a me stessa? Se volessi trovare un’attenuante all’atto commesso, se volessi essere scusata da voi, dalla vostra società, vi direi che lo amavo, che la uccisi per gelosia. Questa debolezza, questo egoismo sono scusati e perfino glorificati dalla società vostra. L’amante che per evitare a sè stesso un dolore, per assicurare il piacere suo proprio uccide il rivale, è perdonato; talvolta il cieco e letale amor