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il fatto 13

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Roberto - Spasimo.djvu{{padleft:25|3|0]]nel suo viso tornò a leggersi l’atterrito smarrimento, il pauroso dolore di poco prima, quasi la vista d’una persona cara alla morta, quasi lo strazio di questa persona rincrudisse il tormento suo. Egli non guardava più il cadavere ma la piangente, e pareva che si protendesse verso di lei, che volesse accostarsele, come per unire il proprio dolore a quello di lei, per parlarle della morta, per udirla parlar della morta. Tutti, gli uomini della giustizia, i dottori, la stessa baronessa erano impressionati dall’ansiosa attitudine di quel dolente; solo la straniera restava rigidamente atteggiata, impassibile e quasi senza sguardo.

— Come disse ha fatto!... Lo disse e l’ha fatto!... — gemeva la donna dinanzi al cadavere. — Voleva la morte... la chiamava... Ah, poveretta!... Ah, Signore!... E mi mandò via, mi mandò... per essere libera... perchè io non le leggessi in viso!... Ah, se le fossi stata vicina!... Quante volte, poveretta; quante volte pregò Dio di farla morire!... E s’è uccisa!... — ripetè con voce più rotta, quasi avesse potuto fino a quel momento dubitare e sperare, ma ricevesse a un tratto l’irrecusabile conferma della sciagura. — S’è uccisa!... È morta!... Signore! Signore!...

La baronessa, passandosi una mano sugli occhi e sospirando, le si fece dappresso.

— Basta, ora, povera donna!... Bisogna pur troppo farsene una ragione!... Siate calma! Basta!...

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