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Ad una nuova pausa il Vérod oppose ancora silenzio.

— Siete contento? — ripetè il giudice.

— Perchè me lo domandate?

E i due uomini si guardarono fiso.

— Dovreste essere contento, io penso, d’avere vendicato la morte della vostra amica, confuso la rea ed ottenuto il trionfo della verità e della giustizia.

Tacquero ancora entrambi.

— Non ne siete contento anche voi?... — disse finalmente il Vérod.

Egli aveva sentito nelle domande una specie d’incitamento, quasi una provocazione a dire tutto il suo secreto pensiero, come se il secreto pensiero suo fosse anche del giudice.

— Io non ho passioni da soddisfare, — rispose questi. — Un solo amore mi guida: l’amore della giustizia...

— Se la giustizia s’acqueta...

— Ne dubitate?

— Non tocca a me dubitarne...

— Volete dunque dire che dovrei dubitar io? E perchè?... Avete denunziato un crimine: il crimine è provato. Non avete saputo dire chi dei due possibili autori fosse realmente colpevole, giacchè entrambi erano capaci di delinquere: la colpevole s’accusa ella stessa!...

Vorreste forse dirmi che la sola confessione non basta? Lo so anch’io! Ma

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