< Pagina:De Roberto - Spasimo.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

il fatto 17

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Roberto - Spasimo.djvu{{padleft:29|3|0]]senza che il suo viso di statua esprimesse sdegno o stupore.

— Prima di dir nulla contro nessuno, — riprese il giudice con tono grave d’ammonimento, — bisogna esser certi di ciò che si dice.

— Se non fossi certo non avrei parlato.

— Quale interesse avrebbe armato queste persone?

Il giovane proruppe, studiando invano di contenersi:

— La malvagità dell’animo loro. Il piacere selvaggio di fare il male, di distruggere una vita, di spargere il sangue. La voluttà di chiudere con la morte il lungo martirio inflitto alla infelice.

La sua voce tremava, tremavano le sue mani, gli occhi erano gonfii di lacrime. Ma la commozione che quelle parole suscitavano nei circostanti diede improvvisamente luogo a un altro sentimento, a un sentimento di vera paura, quando il principe, avvicinatosi all’accusatore, col pugno stretto, le mascelle contratte, lo sguardo duro e cattivo, pronunziò:

— Pazzo, che dici?

I due uomini si guardarono. Lame arrotate ed aguzze, lame cozzanti e sprizzanti scintille erano i loro sguardi. Pareva che si volessero penetrare sino all’anima.

Il giudice e il commissario furono costretti a frapporsi.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.