Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
spasimo | 297 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Roberto - Spasimo.djvu{{padleft:309|3|0]]un esempio che era stato come un ammonimento, aveva alluso a lei? Nessuno poteva dirlo; forse non l’avrebbero saputo mai.
— Come misteriosamente è passata nella vita! — disse il magistrato. — Aveva pure un gran cuore.
— Sì, — riconobbe il Vérod.
— Neppure quello sciagurato era tutto perverso, Bene ha fatto l’imperatore commutando la pena: la morte deve restare nelle mani di Dio; vivendo, l’assassino potrà sperare di redimersi.
— È redento.
E come il giudice lo interrogava con lo sguardo, Roberto Vérod gli narrò il loro colloquio.
— Io l’ho perdonato. Sentii che la Morta voleva così. Ella che lo convertì, che morendo di sua mano compì l’opera di salvezza alla quale si accinse quando si mise al suo fianco, non poteva volere che io gli serbassi rancore. L’anima superba e feroce ora ama e si piega. Io stesso, che dopo aver creduto ero ripiombato nel dubbio, torno ultimamente alla fede che Ella mi spirò. È vero: voi aveste ragione, un giorno, di meravigliarvi della mia avversione per lui. Le nostre nature erano diverse, ma noi ci accordammo nel disperare della vita. Entrambi vedemmo nel mondo un meccanismo incosciente, un vano giuoco di forze cieche e soverchianti. Ella ci ha uniti nel sentimento del bene, ci ha rivelato l’amore e la fratellanza umana.