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I.

I ricordi di Roberto Vérod.

Tramontava il sole. Dietro la catena del Jura i raggi d’oro che fendevano le nuvole agglomerate sui culmini davano imagine d’un immenso trofeo di spade. Sotto le rive di ponente il lago era di lavagna; verde come uno stagno fra le basse rive boscose di San Sulpizio, ridiveniva azzurro al largo, nell’alta conca chiusa dalle Alpi vallesi dove le nevi s’infiammavano all’ultima luce. Due vele immobili, incrociate come due ali, sulle acque immobili; una tenue riga di fumo verso Collonge; niun altro segno di vita. Nel silenzio infinito lenti rintocchi lontanamente dicevano che una vita erasi spenta.

Al cielo, alla terra, alla luce, Roberto Vérod chiedeva quella vita. Tratto tratto egli perdeva la coscienza dell’incredibile verità; dinanzi

allo spettacolo che tante volte aveva rimirato con lei gli

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