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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Roberto - Spasimo.djvu{{padleft:78|3|0]]prio gli era venuto accosto per dirgli, additandola: «Non è un peccato, guardate? Senza queste improvvise mancanze, che bellezza perfetta! Sarebbe veramente stupenda, se non mancasse da un momento all’altro, così!...» Allora, repentinamente, l’angoscia e la tristezza s’erano dileguate; egli non l’aveva più sentita tanto alta e lontana da lui, ma tutta vicina e sua; perchè non il senso di rammarico che altri esprimeva, ma un impeto di tenerezza lo animava ponendo mente alla inferma, un sentimento di commossa pietà, un bisogno di prodigare alla vulnerata creatura tante cure gelose, un così vigile affetto, da compensare i suoi passati dolori, da risparmiarle i venturi.

Era egli riuscito in quest’opera?...

Anche una volta dal cielo delle memorie la sua attenzione rivolgevasi al circostante spettacolo. Le prime fiamme splendevano, aurate nell’ultimo crepuscolo, sulle rive e sulle pendici della Savoia; il fanale d’un battello, come una punta infocata, solcava le acque. Andarsene, fuggire, sparire: solo così egli avrebbe potuto evitare a lei ed a sè stesso altre pene. Di fuggire egli era stato tentato, quando il turbamento che lo vinceva anche a scorgerla da lontano gli diceva che fuoco lo avrebbe investito se l’avesse conosciuta da presso. E rammentava le lettere scritte in quei giorni per annunziar la partenza: lettere dove la

tristezza della rinunzia a un’adorazione ch’ei presentiva formidabile si

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