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68 | spasimo |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Roberto - Spasimo.djvu{{padleft:80|3|0]]rali e non ancora verificate deduzioni, a osservare altresì con tanta penetrazione gli altri, sè stesso e la vita da negare, come aveva negato, ogni prestigio? Pagava ora forse la lunga, strenua e disperata resistenza a tutte le lusinghe con la dedizione improvvisa? Ma la prova maggiore del mutamento operatosi in lui era questa: che non più come un tempo egli compiacevasi nei faticosi e infecondi esercizii dell’indagine intima, nelle continue alternative del dubbio; ma, senza discutere, quasi obbediva una volontà estranea e imperiosa. L’espressione di questa volontà era nello sguardo di lei che diceva: «Ama e vivi, credi e vivi, spera e vivi.» Egli uniformavasi al comandamento.
L’atto di fede compito attribuendo ogni pregio alla creatura d’elezione era quotidianamente confortato di prove. Poteva egli pensare d’essersi ingannato se al suo sentimento tutti partecipavano, intorno a lui? Parole di ammirazione erano su tutte le labbra; quale appariva in vista tale ella rivelavasi: tutta buona, dolce e pietosa, tutta piena di grazia. Come non parea fatta per la vita del mondo così intendeva costantemente al cielo lo sguardo e il pensiero. Quando egli la cercava, quando aveva bisogno di vederla, era sicuro di trovarla nelle case della preghiera, genuflessa, umiliata dinanzi a Dio. Quante volte, non visto da lei, era entrato negli insoliti luoghi! Che ore ineffabili vi aveva
vissuto! All’idea che anch’egli una