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i ricordi di roberto vérod | 83 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|De Roberto - Spasimo.djvu{{padleft:95|3|0]]di Lucinge: riprese ad andare per il Cammino di Jurigoz con passo più fermo.
Nella casa della preghiera dove erano convenuti le prime volte avevano ora l’estremo convegno! Lontano da lei il suo sguardo e il suo pensiero s’erano rivolti al cielo, per incontrarla. Dopo la prima lettera egli aveva tentato di scriverle ancora, ma le parole erano state inadatte. Allora era vissuto nell’ansia. La cercava dovunque. Credeva di vederla dinanzi a tutte le cose belle. Talvolta il cuore gli sobbalzava, se tra le figure incontrate per via qualcuna lontanamente le somigliava. Ma dopo queste imaginazioni il dolore si aggravava su lui. Il terrore delle notti erano i sogni durante i quali sentiva d’averla perduta, di non poterla rivedere più mai. Uno tornava assiduamente: egli le stava dinanzi, col cuore pieno di tumulto, con le mani tremanti, e non poteva dirle una sola parola: ed ella, dopo avere invano aspettato le sue parole, s’allontanava, svaniva, lasciandolo inanimato, impetrito. Questo sentimento di angosciosa incapacità lo teneva anche nella veglia, gl’impediva di correre incontro a lei. Quando andò a Nizza e non ve la trovò quasi ne restò confortato. Nel rivederla a Ouchy, sul principio dell’estate, tremò. Col tempo, per la lontananza, egli aveva creduto e quasi sperato d’essersi sottratto alla sua grazia: ella doveva rinnovare
il prodigio. Ma l’angoscia e la paura e tutti i sentimenti indegni