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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Deledda - Cenere, Milano, 1929.djvu{{padleft:172|3|0]]teva farci? Se al posto di zia Tatàna ci fosse stata un’altra donna, il suo pensiero sarebbe volato costantemente a lei. Invece quella donna.... Dove era quella donna? Che faceva in quell’ora? Scorgevano anche i suoi occhi la stella della sera? Era morta? Era viva? Era ricca o mendicante? E se fosse cieca? E se fosse in carcere?

Egli si meravigliò di non arrossire a questo pensiero. Per la prima volta, dopo tanti anni, provò un senso di pietà, come quando, bambino, cercava di scaldare coi suoi piedini i piedi gelati di Olì....



Finalmente il giorno del ritorno arrivò. Egli partì, quasi oppresso dalla sua felicità: aveva paura di morire in viaggio, di non arrivare a rivedere le care montagne, la nota strada, il dolce orizzonte, il viso di Margherita....

— Se però io morissi ora, — pensava, con la fronte appoggiata alla mano, — se morissi ora ella non mi dimenticherebbe mai più....

Fortunatamente arrivò sano e salvo; rivide le care montagne, le valli selvaggie, il dolce orizzonte, il viso paonazzo di Nanna venuta ad incontrarlo alla stazione.

Ella aspettava da più di un’ora; appena vide il bel volto di Anania aprì le braccia e cominciò a piangere.

— Figliuolino mio! Figliuolino mio!

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