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Nella Settimana Santa, però, — quell’anno la Pasqua ricorreva agli ultimi d’aprile, — il mugnaio compiè il precetto pasquale ed il confessore gli impose di riconoscere legalmente il figliuolo. Nello stesso tempo Anania, che compiva gli otto anni, venne cresimato: padrino il signor Carboni. Fu un grande avvenimento per il ragazzo e per la città tutta che s’era data convegno nella cattedrale, ove Monsignor Demartis, il bel vescovo imponente, impartiva la cresima a centinaia di fanciulletti. Per le porte spalancate, che ad Anania parevano grandissime, la primavera con la sua viva luce e il suo tepore fragrante penetrava nella chiesa gremita di donne dai costumi di porpora, di signore, di bimbi lieti. Il signor Carboni, grosso, rosso in viso, con gli occhi azzurri e i capelli rossicci, col gilè di terziopelo attraversato da una enorme catena d’oro, veniva salutato, riverito, ricercato dai personaggi più cospicui, dai paesani e dalle paesane, dalle signore e dai bimbi che gremivano la chiesa. Anania si sentiva altero e felice di tanto padrino; è vero che il signor Carboni doveva cresimare altri diciassette bambini; ma ciò non toglieva importanza al singolo onore di tutti i diciotto figliocci.

Dopo la cerimonia questi diciotto figliocci,

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